
“Il buio non è tenero” di Il turno di notte
di e con: Silvia Pallotti e Tommaso Russi
consulenza al movimento scenico: Stefania Tansini
musiche: Stefano Bossi
scene: Marianna Cavallotti
produzione Il turno di notte con il sostegno di Accademia Teatrale Veneta
Venice Open Stage – off
23 luglio
E’ difficile crescere. E le due seggiolone che compongono, con pochi altri elementi che via via mutano funzione, la scenografia di “Il buio non è tenero” della compagnia Il Turno di Notte, resteranno piccole, mentre il mondo – gli altri intorno – sembra dare per ovvia, scontata, la raggiunta maturità, meta comunque misteriosa: età? lavoro? casa? figli?
Oscurità del futuro: del resto le tenebre sono dominanti anche solo per il nome della compagnia e per il titolo dello spettacolo. Come illudersi, sperare? Chi ha detto che tenendo vivi i propri sogni solo così possono avverarsi? – o che tanto maggiori sono le delusioni tanto più s’impara a combattere, a diventare forti per andare avanti? Non sono piuttosto queste stupide affermazioni facile via alla depressione? Perché è vero che Silvia e Tommaso – autore, registi e interpreti, rispettivamente Pallotti e Russi, privi di nome i loro personaggi, due giovani a evocarne, a rappresentarne un’infinità d’altri – è vero che si impegneranno in tutti i modi possibili, per il lavoro, d’ogni genere, anche due, risparmiare vivendo insieme, aiutarsi reciprocamente anche con quella gentilezza d’animo, intimità, che forse potrebbe essere spiraglio di luce nel buio che, no, non è tenero, ma poi, poi, se si aspetta un figlio, che fare?
Rimandare non è più possibile. Quanto tempo resta? Come, come scegliere?
Lo spettacolo di Silvia e Tommaso possiede al suo interno – ed è anche questo a renderlo speciale – la chiara volontà di non raccontare semplicemente una storia di coppia in questi tempi duri, ma, attraverso il linguaggio del teatro, rendere universali dubbi, paure, angosce, che sono d’ogni tempo e d’ogni età. Già alle origini dell’umanità, vani i tentativi di allontanarsi dal reale: si può provare con delle insulse barzellette e a sublimarne la sofferenza con i versi ricercati di una poesia. Il gelo penetra comunque nelle ossa.
Non esistono certezze, idiozie tutti quei consigli, anche tappe di apprendimento, che dovrebbero rafforzare l’io, dare coraggio, vincere i variegati smarrimenti del vivere.
Si ride in più passaggi con “Il buio non è tenero”. Ci sono stati applausi a scena aperta – e grande è stata la disponibilità del folto pubblico al Campazzo San Sebastiano a reagire agli stimoli degli attori in scena, efficaci tutte quelle azioni di teatro danza che tendevano a sintetizzare emozioni, stati d’animo, che a volte le parole facilmente impoveriscono recintate nei loro significati immediati.
Il legame con gli spettatori non nasce dalla situazione di affinità, almeno non solo, di destini precari, ma dalla capacità di superare continuamente la condizione chiusa di due soli individui nella loro unità inquieta nel mondo, una conquista possibile a partire proprio dall’incerta, spaventata complicità della coppia.
E’ questo uno spettacolo dedicato a…lunga la lista, infine al mondo “che anche lui da bambino voleva solo urlare”.
Un colloquio di lavoro in parallelo, risposte faticose a prevedibili domande. Lei è architetto – e quando si troveranno insieme chiusi in bagno riusciranno anche a divertirsi immaginando di trasformare quell’angusto spazio in un fruibile appartamentino, anche con l’angolo bambini.
Al plurale?
E quello, quello che davvero potrebbe nascere? Già: quanto tempo resta?
Turbamenti.
Così per il racconto di lei per le lacrime della madre rubate all’ascolto e di lui per il pianto trattenuto del padre di fronte alla morte, alla bara di una persona amata.
Ironie e commozione in un perenne fluire. Assurdità della condizione umana mentre il tempo evapora, scorre via.
Ancora: quanto tempo per decidere?
E’ avvertendo il panico per una minaccia esterna, vera o immaginaria, uno sbigottimento che allarma, concreta l’oscurità nella casa, che saranno dette altre parole, caduta ogni protezione, nell’assoluta vulnerabilità, con quella tenerezza negata dal buio del titolo.
Ma tu, tu, dove pensi di essere, cosa pensi di fare tra dieci anni? Risposte colme di esitazioni, vaghe speranze, sconfinati timori.
Alberto Baraghini, Katia Caselli, Stefano Cordella, Francesco Montagna, Valeria Ottolenghi